Urbex Salento, la bellezza nascosta dell'abbandono
Anche nel Salento ci sono numerosi esploratori urbani in incognito, gli urbexer. Ad avviare nel 2021 il gruppo Instagram Urbex Salento, la fotografa Daniela Stabile, alla quale abbiamo posto qualche domanda sul fenomeno dell’esplorazione urbana e il racconto fotografico di luoghi dimenticati

Città fantasma, borghi abbandonati, antiche ville, fabbriche in disuso, istituti dimenticati. Sono le mete predilette dell’esplorazione urbana, luoghi dove il tempo sembra essersi congelato. Case dove tutto è immobile, come se la vita che le animava vi fosse rimasta poggiata, insieme alla polvere. Portafoto su mobili antichi e cornici su muri scrostati, ante divelte che svelano contenuti segreti. Antiche fabbriche che portano i segni del lavoro dell’uomo, dove utensili e oggetti quotidiani sono stati lasciati lì, come un attimo fa. E ancora, antiche masserie e case nobiliari oscurate dalla vegetazione selvaggia, che custodiscono ciò che resta di affreschi, decori e pavimenti pregiati. Stanze da letto con vecchie culle. Cappelle private, rifugi di guerra, teatri e cinema dismessi. Un riverbero di voci e storie lontane che, a occhi aperti e orecchie tese, gli esploratori urbani, gli urbexer, vanno a cercare.
È un fatto che uomini e donne sono da sempre, e forse per natura, incuriositi dal mistero e quindi dall’esplorazione di luoghi antichi, in particolare di luoghi abbandonati. Negli anni Novanta del secolo scorso era quasi un passatempo settimanale per i ragazzi perlustrare masserie e casolari nelle periferie delle città e dei paesi, spesso suggestionati dalle tracce di misteriosi resti di riti occulti che invece, il più delle volte, erano solo segni del passaggio di persone senza fissa dimora o animali selvatici.
Il fenomeno Urbex, dall’inglese urban exploration, si è diffuso molto negli ultimi due decenni e ha avuto un’ulteriore risonanza sui social network, unendo alla scoperta la condivisione. E, fattore non da poco, anche la denuncia di abbandono e degrado di molto luoghi di particolare bellezza e valore artistico. Una rigorosa selezione permette l’accesso ai gruppi di messaggistica privati, dove ci si scambiano informazioni e foto, ma mai coordinate precise, per tutelare i luoghi dal saccheggio. Il resto si condivide su Instagram e YouTube, piattaforme su cui la community di esploratori italiani è davvero corposa. Si aggiunge una documentazione fotografica con immagini ben fatte e suggestive, che svelano meraviglie insospettabili.
Tecnicamente il Codice penale italiano chiarisce che è punita l’invasione arbitraria di terreni o edifici altri, al fine di occuparli o trarne profitto, così come, seppure in maniera minore, l’ingresso in una proprietà altrui protetta da recinto o riparo e cartelli di avvertimento. Di fatto c’è una certa tolleranza per il transito, che quasi mai è classificato come vero e proprio reato.
Nato nel 2021, il profilo Instagram @urbexsalento mostra un’intensa attività che documenta il rapporto tra memoria, identità e abbandono del territorio, anche attraverso i video. A crearlo è stata Daniela Stabile, fotografa esploratrice salentina (che, come sostiene lei stessa, si porta in dote una buona dose di incoscienza), con una particolare passione per la sociologia. Oggi la pagina conta più di 5000 followers ed è il modo meno turistico e di certo non convenzionale per avere una differente prospettiva del Salento.
Daniela, un “urbexer” segue delle regole?
Il rispetto dei luoghi: gli esploratori urbani seguono il principio del non prendere e del non lasciare nulla, senza danneggiare o alterare i siti visitati. Riservatezza: non vengono condivise le coordinate dei luoghi al fine di proteggerli da atti vandalici. Documentazione fotografica: l’esplorazione si unisce alla fotografia (anche d’autore) e alla narrazione visiva.
Quali sono i rischi reali?
Introdursi clandestinamente in un luogo privato può avere conseguenze sia fisiche sia legali. Occorre procedere con molta cautela, prestare attenzione alla stabilità strutturale degli edifici, a telecamere, allarmi silenziosi, animali e la lista potrebbe proseguire. In genere mi accerto sullo stato di reale abbandono del luogo e tocco il meno possibile.
Quali sono le “spinte” che ti fanno seguire questa passione audace?
L’amore per il passato, l’entusiasmo nello scoprire un nuovo edificio, immaginare la vita racchiusa tra quelle pareti mi spingono a continuare questa pratica. Il vuoto di questi edifici, l’assenza di persone non equivale ad una vera assenza: sono colmi di memorie vissute, di storie, di emozioni che possono essere portate alla luce. Entrarci sfida la logica e invita a riflettere sul nostro rapporto con il tempo, la memoria e l’oblio.
Com’è nato Urbex Salento?
Da un incontro fortuito con un’antica villa al tramonto; la sua imponenza ha suscitato in me il desiderio di conoscere la sua storia e di scoprire cosa si celasse al suo interno. E così, munita di macchina fotografica, ho scavalcato la mia prima finestra e da lì non mi sono più fermata. Conventi e chiese abbandonate, vecchi cimiteri, fabbriche, ville e palazzi storici, antiche masserie. Il Salento conserva un inestimabile patrimonio storico, troppo spesso deturpato, depredato e violato nella sua integrità, dal tempo e dalle azioni degli uomini.
Cosa ne farai del materiale documentale raccolto?
Con questi scatti, oltre a creare un archivio storico, auspico il recupero dei luoghi, in quanto salvarli costituisce una scelta sostenibile di vivere il turismo, volta alla conservazione e alla tutela della nostra memoria. Sarebbe interessante poter riqualificare e rendere pubblicamente fruibili gli edifici creando degli itinerari turistici sostenibili, lontani dalle mete turistiche più affollate. La riqualificazione di immobili abbandonati può essere accompagnata da un progetto di recupero del paesaggio limitrofo, allo sviluppo di attività sportive e cultura
Qual è il luogo che più di tutti ti ha colpito?
Il luogo che più di tutti mi ha emozionato è quello che chiamo “la villa del duca”. È stata la prima villa scoperta ancora arredata, un contenitore di ricordi, pieno di fotografie, libri, quaderni contabili dell’azienda agricola, colmo di indizi che riconducevano alla vita del proprietario. Come, per esempio, i libri di violino sparsi sul letto con un nome, quello della madre, appassionata di violino, morta nel 1933, quando lui aveva solo 10 anni.