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Nella selva piccole e grandi magie
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Davanti a quello strano annuncio la fantasia galoppa e, tra possibili ritorni dal nord e desideri di vita a contatto con la natura, il gruppo accarezza l’idea di acquistare il bosco e farne una residenza atipica. Tra ripensamenti e tentennamenti, alla fine è Andrea che rompe ogni indugio e decide che si può fare: compra il bosco e ne diventa ufficialmente proprietario.
È proprio lì, che attende per raccontare la sua storia, in compagnia di Alessandro Basile, compagno di viaggio in questa avventura nel Bosco Monticolomi. Lo strano nome proviene dall’area “montuosa” in cui sorge, che si estende a sud di Ugento, in direzione mare, a poca distanza dalle spiagge e dalle zone umide di grande valenza naturalistica che caratterizzano il litorale. Il bosco si estende per circa quattro ettari e comprende lecci e altre piante tipiche della macchia mediterranea; è un bosco primordiale, un residuo delle antiche selve che un tempo ricoprivano tutto il Salento, di cui oggi resta memoria nell’araldica di alcuni paesi, nei racconti e nei toponimi.
Si varca il cancello di ferro che separa la campagna dal fitto delle fronde, mentre ghiande e foglie scricchiolano sotto le scarpe. Uno squarcio di luce si apre su una radura e appare un piccolo teatrino, alcune panchine, una roulotte che si fonde con il paesaggio. Sembra il campo base di un’eccentrica compagnia circense, invece è il cuore di un bosco didattico, che accoglie sotto i suoi rami adulti e bambini per raccontare, con il linguaggio del gioco, le meraviglie della natura.
“Il bosco, anticamente, era di proprietà della famiglia Colosso, che lo utilizzava come riserva di caccia”, racconta Andrea, mentre ci si addentra sempre più nella vegetazione. I Colosso erano una storica famiglia nobiliare di Ugento, famosa per aver contribuito alla conservazione e alla tutela dei reperti archeologici della città, importante centro messapico. “Successivamente venne utilizzato a scopo industriale”, racconta, “per la produzione della calce. La pietra veniva cavata in loco: ne resta traccia in numerosi solchi scavati nella roccia che attraversano la boscaglia in lungo e in largo”. Gli alberi venivano tagliati per alimentare la fornace che doveva ardere in continuazione e mantenere una temperatura elevatissima. “La maggior parte degli alberi infatti sono cedui”, continua Andrea, che spiega l’esistenza di due tipi di bosco: il bosco alto e il bosco ceduo. “Il bosco alto si ha con esemplari singoli che crescono in altezza”, illustra, “qui i grandi alberi vengono chiamati ‘matricine’ perché danno vita attraverso i semi a esemplari più piccoli. Al contrario, si ha il bosco ceduo quando la vegetazione viene periodicamente tagliata lasciando interrati i ceppi, da cui si sviluppano poi diversi polloni”.
Il Bosco Monticolomi fa parte di questa seconda categoria: gli alberi sono stati tagliati per diventare il combustibile necessario alla cottura della pietra e alla produzione di calce viva. All’interno del bosco restano numerose tracce di questa antica attività. Addentrandosi nel fitto della vegetazione e percorrendo stretti sentieri, si giunge in una radura e ai resti dell’antica “carcara”, formata da un anello sormontato da una volta (adesso crollata) all’interno della quale veniva fatta ardere la legna per cuocere le pietre cavate e ridotte in pezzi. Qui il fuoco ardeva senza sosta per un mese, grazie alla partecipazione dell’intera comunità: gli uomini erano addetti a cavare la pietra, le donne tagliavano la legna e i bambini accudivano e alimentavano il fuoco. Questa attività rappresentava un’importante risorsa economica: la calce prodotta veniva trasportata con i “traìni” che passavano proprio nel bosco, per un’antica strada che ancora si intravede tra la vegetazione. Ugento commercializzava così questo materiale in tutto il Salento. Dell’antica fornace, resta oggi solo l’anello principale, ma Andrea e Alessandro prevedono di poterla restaurare e utilizzare in chiave turistica e didattica.
La produzione di calce è proseguita all’incirca fino agli anni ‘60, dopodiché il bosco è stato abbandonato a se stesso, diventando, purtroppo, anche luogo di degrado e abbandono di rifiuti. Dopo qualche anno viene acquistato da una famiglia napoletana, con l’idea di costruirci una villa ma, nel frattempo, viene istituito il Parco Naturale di Ugento, ricadente anche su quest’area, e la concessione viene negata.
È a questo punto che arriva Andrea e acquista il bosco, quattro anni fa e, da due anni, con il supporto dell’amico Alessandro, dopo averlo ripulito dalla spazzatura accumulatasi nel tempo, ne fa un sito didattico, destinato ad accogliere scolaresche e visitatori. C’era una volta un bosco incantato… viene subito da pensare immaginando i bambini meravigliati a osservare “il merlo” e “la fatina”, che raccontano loro storie di alberi e uccelli. La peculiarità della didattica di Bosco Monticolomi è infatti quella di utilizzare la musica e le arti circensi per trasmettere concetti legati al mondo della natura: è così che nascono lezioni non convenzionali con animali parlanti e fatine del bosco.
Per adesso le proposte didattiche si concentrano sulla flora e sulla fauna e si articolano in due programmi: “Io sono come un albero”, incentrato sugli aspetti botanici, e “Il meraviglioso mondo degli uccelli” che riguarda l’ornitologia. “All’inizio abbiamo incontrato un po’ di scetticismo, perché il bosco didattico è una realtà poco conosciuta, soprattutto nel Salento. Poi piano piano il rapporto con le scuole si è consolidato”, dice Andrea. “Per permettere ai bambini di ammirare meglio i piccoli uccelli, è stata creata una capanna di avvistamento al confine, punto strategico per osservare l’avifauna che entra ed esce dal fitto delle fronde. Il limitare del bosco è la zona a più alta biodisponibilità, perché linea di scambio tra micro-habitat differenti. Qui i bambini possono scoprire: merli, tordi, pettirossi, piccoli rapaci, uccelli notturni e tanti altri. Ciascuno di essi vive il bosco in maniera differente”, racconta, “il pettirosso è l’uccello più amichevole e curioso, si procaccia il cibo vicino al nido, mentre il merlo all’alba lascia il suo albero e va alla ricerca di qualcosa da mangiare per i campi, rientrando al tramonto, utilizzando il bosco solo per dormire”.
Ma non solo uccelli: qui vivono anche volpi, tassi, faine, donnole e persino lepri, oramai rarissime, oltre a porcospini, serpenti e altri animali tipici della fauna locale.
Il lavoro da fare è ancora molto; i progetti per il futuro prevedono itinerari di land art e tanto altro, sempre nel rispetto della flora e della fauna autoctone. “Sarà un luogo in cui stimolare la multisensorialità e la conoscenza delle valenze naturali”, dice Alessandro. “Il bosco viene visto come un posto che non serve a niente, perché non possono essere praticate le attività “classiche” come agricoltura, edilizia etc. Prima il Salento era ricoperto da boschi di questo tipo, poi tagliati per fare spazio agli oliveti. Nella cultura locale”, chiude Andrea, “è il posto dove andare a far funghi o a passeggiare, ma spesso anche per cacciare o abbandonare i rifiuti. Noi cerchiamo di ostacolare ogni utilizzo improprio”.
Un bosco è un luogo che racchiude mistero e magia, ma è anche un ecosistema di estrema importanza che, oggi più che mai, è urgente tutelare, impegnandosi, anche con piccole azioni, a riforestare il territorio. Un bosco è un bene comune, da conoscere e custodire. (Francesca Casaluci)