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Alle radici del folk

Il nuovo album degli Yaràkä, tra invocazioni e storie d'altri tempi

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Atavici, minimali, terrigni. A tratti granitici e disperati. Senza scomodare Ernesto de Martino (e perché no?), gli Yaràkä incidono un disco dal titolo “Curannera”, dalla chiara matrice antropologica. Fra composizioni originali e sonorità antiche, attingono a un inesplorato repertorio della tradizione orale, adattando testi dalle profonde radici tarantine, lucane, siciliane e rumene. Con sapienza primordiale invocano Sant’Anna, San Giovanni, San Pietro, Santa Rosalia, la Trinità. E, tra sacro e profano, narrano storie di gente senz’altre speranze: vergini cui urge un marito, vita dei campi priva di redenzione, madri disperate, magie fatte e ricevute, quale sola esplicazione di ogni male. Tra voci pure, timpani, scacciapensieri e tamburelli, esorcizzano, incantano, slegano legamenti e con occhi fatati estirpano fatture, conducendo l’ascoltatore verso uno stato di trance. Ma, soprattutto, curano, con intenti e suoni dalla precisione chirurgica. Tra strazianti “call and response”, nell’alternanza di voce maschile e femminile, e strumenti impazziti, somministrano rimedi per il corpo, la psiche e la Terra stessa, in un caleidoscopio a tinte forti, che sballotta dentro danze e fuochi carnali. Un folk magistralmente orchestrato per evadere e sognare, sebbene attraverso la nitida lente della Storia. (Cristina Cagnazzo)

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